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Intervista a Marisa Cuomo e Andrea Ferraioli

Questo mese condividiamo la storia di una cantina vinicola davvero eccezionale e di due imprenditori veramente esemplari: Marisa Cuomo e Andrea Ferraioli. Ecco a voi l’intervista completa, riportata anche nella newsletter De-LAB di giugno. Buona lettura! 

Può raccontarci i momenti più importanti del suo percorso imprenditoriale come fondatrice della cantina vinicola Marisa Cuomo? 

La ditta nasce come regalo di nozze di mio marito, proveniente da una famiglia di viticoltori da generazioni. Questa scelta all’epoca fece parecchio scalpore: intestare un’attività ad una donna ed in un terreno non meccanizzabile come quello della Costiera Amalfitana…sembrò un vero azzardo. Nonostante molta diffidenza, abbiamo iniziato a realizzare un lavoro di recupero e di restauro dei terrazzamenti e delle vigne, salvandole dall’estinzione e ravvivando un terreno accidentato, con viti a parete, sdraiate su pali verticali. In 39 anni di lavoro presidiamo 50 ettari su 13 comuni, 40 dei quali a Furore (SA). Nel 1995 abbiamo ricevuto l’attestazione DOC, istituendo un campo catalogo dove dimorano 42 varietà di uva e 4 vitigni storici, legati al territorio di Furore, unico “fiordo” riconosciuto e classificato dell’Europa meridionale, a 700 m di altezza.  L’avvio delle operazioni è stato molto complicato perché i vini della costiera amalfitana non avevano un gran nome ed in più abbiamo dovuto combattere contro un paesaggio duro, una terra difficile da lavorare. La nostra è una vita dedicata alla produzione del vino.

L’essere donna in un settore molto tradizionale come il vitivinicolo l’ha più aiutata o frenata? 

Nel 1982 io ero una delle prime donne, se non la prima, col nome stampato sulla bottiglia. Ho destato molta curiosità ma mi sono sempre sentita a mio agio … forse anche per il mio carattere: io faccio tutto, anche la vendemmia, circondata dai miei operai, al lavoro con loro. Mi ha salvato il non avere una preparazione specifica ma sapere ascoltare il territorio, senza seguire le mode.

Se dovesse dare due consigli a dei giovani imprenditori del suo settore, cosa consiglierebbe? 

Per andare avanti occorre pazienza e determinazione. Non bisogna mai mollare al primo ostacolo: cadere e rialzarsi …mai arrendersi. Il lavoro si deve fare perché piace, non perché si guadagna. Poi occorre rispettare il lavoro che si fa, sacrificandosi per esso. Nel nostro caso, in 40 anni di lavoro non ci siamo mai arresi all’idea di produrre una semplice bevanda: ci abbiamo messo 13 anni prima di avere successo. 

Il viti-vinicolo è uno dei comparti economici più importanti per l’economia italiana: se avesse la possibilità di fare degli interventi migliorativi per renderlo ancora più competitivo, cosa farebbe? 

Dipende molto dalle Regioni: nella nostra, la Campania, serve sostenere il ricambio generazionale e avvicinare i giovani a questo tipo di lavoro. Ci sono pochissimi ragazzi che vogliono lavorare la terra, anche perché nel nostro caso è difficile e non è meccanizzabile: si fa tutto a mano, come una volta, perché gli spazi sono ristretti. Ad ogni modo, credo che per alzare l’asticella occorra puntare sul singolo imprenditore, più che sul settore, generando condizioni di lavoro ideali per i contadini e puntando sulla qualità, più che sul volume. Serve poi molta comunicazione seria, che racconti davvero le potenzialità del territorio e le specificità della produzione. 

Nel suo lavoro, quanto conta la sostenibilità ambientale? Può farci degli esempi di progetti o processi green che funzionano nel suo settore?

Nella nostra azienda siamo molto attenti al tema. Non usiamo prodotti chimici per il lavaggio dei serbatoi e della cantina (usiamo il vapore); nelle vigne le pergole sono su pali di castagno, anziché di metallo. Non usiamo pesticidi né glifosato, nessuna plastica per legare i tralci ma rametti di salice. Abbiamo scelto un protocollo certificato di agricoltura a lotta integrata: azotiamo il terreno con erba da taglio… costa di più ma rispettiamo il nostro territorio. Anche le nostre infrastrutture sono a basso impatto ambientale: la nostra nuova sede sarà certificata in classe A++ , una delle pochissime in Italia. D’altronde, diciamo che il terreno di Furore, dove operiamo, è così accidentato che o lo rispetti o non lavori. Pensate che nemmeno la tristemente nota “Terra dei fuochi” si è potuta spingere fino al nostro fiordo, a metà tra mare e collina…troppo impervio. Operiamo in un ecosistema difficile ma in equilibrio e così volgiamo mantenerlo. 

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