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Intervista alla Dott.ssa Grazia Sgarra e al Dott. Stefano Del Debbio

Questo mese condividiamo l’intervista realizzata alla Dott.ssa Grazia Sgarra e al Dott. Stefano Del Debbio, di AICS (Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo), dedicata al tema della Cooperazione Internazionale allo Sviluppo. Buone idee in circolo e buona lettura! 

  1. Si parla molto di coinvolgimento del profit nella cooperazione: qual è lo stato dell’arte, a livello italiano, del coinvolgimento imprenditoriale nei progetti di Cooperazione? 

Il tema ha sicuramente fatto passi da gigante negli ultimi anni, perché le imprese – all’indomani della riforma della Cooperazione – sono diventate a tutti gli effetti soggetti della cooperazione e su questa linea abbiamo dovuto costruire da zero tutte le progettualità. Oggi realizziamo molte attività di outreach, incontri, formazione. Certo, dai nostri ultimi studi emerge come le imprese non conoscano il tema e le opportunità offerte della Cooperazione allo Sviluppo, le sue finalità, gli strumenti …ecco perché serve un’operazione culturale, perché sicuramente le imprese sanno fare internazionalizzazione, ma è il COME andare ad investire nei Paesi in Via di Sviluppo che occorre far capire. Per questo motivo AICS ha definito un modello di business ad hoc, chiamato ISI (Innovativo, Sostenibile e Inclusivo), che promuoviamo all’interno di una serie di video che abbiamo realizzato per illustrare la cooperazione realizzata dal profit (qui il canale YouTube). Poi abbiamo il bando profit, alla sua terza edizione, che finora ha selezionato circa 50 iniziative innovative. Il bilancio dunque è positivo, visto che si partiva da 0, anche perché abbiamo davvero toccato con mano la difficoltà delle aziende che investono in Paesi in Via di Sviluppo, capendo ancora una volta quanto sia importante l’approccio Bottom Up. Non da ultimo, il Covid ha lasciato un segno pesante per molte imprese….ma da qui, dobbiamo ripartire e lo stiamo facendo. 

  1. La Cooperazione da sempre attrae moltissimi giovani estremamente motivati: a vostro avviso, i corsi universitari e post-universitari riescono davvero a preparare profili pronti a lavorare nella cooperazione o manca un collegamento tra la teoria e la pratica?

Rispetto al passato ci sono Università con Corsi sulla Cooperazione e questa formazione specialistica è un grande passo in avanti. Ovviamente, non ci sono numeri importanti, perché rimane una nicchia, ma va bene così. Il collegamento col mondo del lavoro mostra una certa attenzione in particolare sul recruitment istituzionale (ONU, EU, ecc). AICS ha in atto diverse convenzioni con le Università per tirocini curriculari …anche se rimane un lavoro che si impara sul territorio. Una maggiore sinergia con le possibilità di esperienze offerte, per esempio, dal settore no profit, ma anche dalla stessa Agenzia, nei Paesi in via di sviluppo sarebbe auspicabile. Certamente, l’impatto sul campo è più duro, serve una vocazione, devi sentirlo dentro …ad ogni modo, questo fenomeno va inquadrato anche in una progressiva evoluzione della professione che dà sempre più priorità ai locali, riducendo il numero degli expat. 

  1. Si ha l’impressione che il grande lavoro di AICS per supportare le iniziative di Cooperazione spesso rimanga all’interno di circoli di addetti ai lavori: secondo lei come si potrebbero comunicare con maggior efficacia gli sforzi compiuti dall’Agenzia?

La comunicazione è fondamentale per AICS e l’Agenzia dovrebbe investire di più e meglio. Ciò emerge da tutte le due diligence internazionali a cui siamo sottoposti: mostrano un grandissimo lavoro e di qualità, ma non comunicato abbastanza all’esterno dei circoli agli addetti ai lavori. Recentemente le cose sono molto migliorate: ogni nostra sede nel mondo segue le medesime linee guida di comunicazione (che anche i nostri stakeholder sono tenuti a seguire!), è dotata di communication officers, sito web. L’AICS ha anche una linea editoriale, “Oltremare” e poi ovviamente tutta l’attività di networking di AICS promuove il nostro lavoro agli stakeholder esterni. I limiti, dunque, sono principalmente dovuti al fatto che abbiamo poco personale e purtroppo non sempre riusciamo a valorizzarci. Abbiamo davvero storie e lavori bellissimi….da cinema….le persone pagherebbero per ascoltare storie come quelle dei nostri progetti 😊 

  1. Se dovesse condividere una criticità e un’opportunità che caratterizzano il presente della Cooperazione allo Sviluppo, quali sarebbero? 

Sicuramente l’opportunità è quella di puntare a crescere e migliorarsi nel tempo. Ad esempio, il recente ingresso di 32 nuovi funzionari della direzione tecnica, ora in training, fornirà auspicabilmente nuova linfa ed energia all’intera struttura, che li aspettava dal 2017. La criticità è che dobbiamo ancora crescere molto come “Sistema” di cooperazione. 

  1. Quale libro o film consiglierebbe ai lettori della newsletter De-LAB, per approfondire la professione del Cooperante ed il lavoro, in generale, che si fa nella Cooperazione allo sviluppo?

Come libro, consigliamo “Il Bene Ostinato” di Paolo Rumiz, mentre come film “Il ragazzo che catturò il vento” dove si parla di Africa e Innovazione Frugale, e “Il giardino dei limoni”, un romanzo sullo sfondo della crisi Israleo-palestinese. Non sono testi tecnici ma fanno percepire le molte sfumature umane del nostro lavoro. 

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