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Poker d’assi: 5 domande a 4 imprenditori del Made in Italy

Questo mese intervistiamo Antonio Pelosi, titolare dell’Albergo Etico di Roma. 

  • La sua iniziativa è davvero innovativa: può raccontarci come ha avuto inizio il suo progetto?

Vengo da un background di business, ho studiato ingegneria e conseguito un MBA. Poi ho seguito un percorso di professionalizzazione nel settore alberghiero. Proprio durante questo periodo di studio ho avuto un grave incidente, che mi ha costretto a seguire una riabilitazione di un anno e mezzo. In quel momento ho fatto esperienza di cosa significhi essere disabile e da lì è nata la forte voglia di unire disabilità e mondo alberghiero. Ho scoperto il primo Albergo Etico italiano, ad Asti, e ho conosciuto il team che lo gestisce. La mia volontà, a quel punto, era di portare a Roma quel modello di business. Mi sono dato da fare e ho trovato i fondi per realizzarlo, con cui ho messo a punto la parte economica del progetto. Quella etica segue la scia del modello di Asti. 

  • Avviare un progetto così ampio, al confine tra finalità profit e puramente sociali non è semplice. Può dirci quali sono state le sue difficoltà?  

La mia più grande difficoltà è il rapporto coi giornalisti e con le istituzioni, con le quali spesso si fa fatica a raccontare tutti gli aspetti di un progetto così complesso. In più è molto impegnativo il rapporto con le famiglie dei ragazzi. Queste ultime sono giustamente piene di aspettative ed hanno un elevato carico emotivo alle spalle per cui alternano momenti di diffidenza ad altri di entusiasmo. Nel nostro Albergo i ragazzi disabili possono lavorare in reception, nella pulizia delle stanze, in sala o in cucina. Tutti hanno un tutor e possono crescere maturando esperienza e relazioni. A volte, però, occorre accettare dei limiti …e questo è il punto dolente perché non tutto è sempre fattibile, nonostante l’investimento molto alto delle famiglie dei ragazzi. Mi ricordo per esempio il caso di una famiglia che aveva investito molto per far imparare l’inglese alla loro figlia, che abbiamo provato senza successo a coinvolgere nei lavori di reception. Questo per dire che si tratta di percorsi molto lunghi, dove occorre procedere per obiettivi realizzabili. 

  • Quali sono i suoi prossimi obiettivi?  

Il mio obiettivo è far crescere dei ragazzi che possano poi essere assunti da altri alberghi della capitale.  Mi piacerebbe che l’albergo etico diventasse una “Academy” di eccellenza per ragazzi disabili, che poi lavoreranno nel settore alberghiero nazionale. Occorre lavorare in modo che la loro “assumibilità” avvenga per competenze acquisite, non per puro slancio sociale, altrimenti non si compierà mai l’obiettivo di un processo inclusivo di qualificazione lavorativa

  • Se avesse la possibilità di attuare tre interventi migliorativi nel suo settore di lavoro, quali sceglierebbe di applicare? 

Sicuramente, al primo posto vorrei dei software “inclusivi”, ovvero accessibili da tutti: mi è capitata una ragazza non vedente ma con grandissime capacità cognitive che purtroppo, non poteva consultare il nostro gestionale alberghiero.

Ma la cosa più importante: non vorrei preconcetti né diffidenza. Non vorrei che il “cliente” o il “collega” possano approcciarsi ai ragazzi diversamente abili inseriti nella nostra realtà con diffidenza, pensando che la loro diversità li renda a priori incapaci o che siano con noi solo ed esclusivamente per una sorta di “assistenzialismo”. 

Deve passare, invece, il concetto che sono vera e propria forza lavoro in un Albergo, dove hanno funzioni e compiti concreti: perché loro, in primis, hanno molta voglia di rendersi utili e di imparare, facendo fuoriuscire con tanta forza di volontà tutta le loro capacità. Anzi, spesse volte, son loro che insegnano a chi disabile non è, con i loro gesti e con il loro entusiasmo, come si deve affrontare la vita . 

E’ proprio vero che a volte la disabilità è solo negli occhi di chi guarda…

Grazie per la lettura e….al prossimo ASSO!

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