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Poker d’assi: 5 domande a 4 imprenditori del Made in Italy – TLon

Questo mese intervistiamo Maura Gancitano, scrittrice filosofa e co-founder della casa editrice TLon.

  • Il progetto TLON si focalizza, tra i molti temi, sulla libertà e sulla fioritura dell’essere umano.  L’Italia per anni è stata definita, e forse lo è tuttora, un Paese poco adatto ai giovani che, per riprendere la metafora botanica, sono i germogli delle società del futuro. Anche i dati demografici parlano chiaramente di invecchiamento della popolazione e tassi molto alti di popolazione inattiva. Perché non si fiorisce più? O meglio, quali sono le caratteristiche di chi fiorisce nel nostro Paese? 

Non si tratta di un fatto nuovo, purtroppo, ma che adesso si mostra in tutta la sua problematicità. Siamo un Paese in cui si parla dei giovani ma non con i giovani, che vengono ritratti in modo sminuente, come se non si impegnassero mai abbastanza. Un Paese in cui alcune professioni vengono considerate di serie B perché sono inedite o perché appartengono a settori che non vengono mai visti come produttivi e in grado di generare valore, come quello culturale. 

Siamo anche una società che, quando qualcuno eccelle o riesce a realizzarsi, diffonde sospetti e maldicenze, suggerisce che il “successo” non sia arrivato per merito, ma per elementi terzi, generando una cultura dell’invidia che diventa bloccante e che porta a credere che se una persona si realizza sta in qualche modo togliendo qualcosa a te. Ovviamente smontare questi e altri elementi che non aiutano a fiorire nel nostro Paese è complesso, ci sono delle condizioni strutturali da cambiare per poter accedere al lavoro, ad esempio, ma è importante anche lavorare su noi stessi per non farci influenzare troppo dal parere degli altri. 

  • La filosofia pervade il modo in cui ci poniamo in rapporto all’interpretazione del mondo. Tuttavia, capita spesso di trovarsi di fronte ad approcci filosofici totalmente contrapposti, per cui è difficile trovare un solo orientamento che ci possa identificare. Nell’evoluzione delle persone e delle comunità, come si può mantenere l’equilibrio necessario per non perdersi in balìa delle opposizioni tipiche del nostro tempo? 

Non è sbagliato mantenere una posizione, ma c’è il rischio di perdere il contatto con chi è diverso da noi, chi ha una prospettiva altra ma non per forza sbagliata. L’incapacità di ascoltare i punti di vista diversi, purtroppo, è frutto della tendenza a chiudersi nella propria comunità, che viene enfatizzata dalle “bolle” dei social media, ma soprattutto dalla politica e dai media. La filosofia in questo senso ci permette di ascoltare senza giudicare, di aprirci alla diversità, di comprendere le opinioni diverse dalla nostra senza polarizzazioni immediate, ma cercando di capire le ragioni dell’altro. Quando ci confrontiamo con qualcuno che la pensa diversamente da noi, è essenziale avere carità interpretativa, ovvero cercare di comprendere cosa l’interlocutore sta dicendo e prenderlo sul serio, cioè ritenendolo credibile. Occorre quindi rendere più comprensibili per tutti le diverse posizioni, integrare le diverse opinioni, avviare dei dialoghi che non si limitino a sostenere tesi contrapposte senza ascolto.

  • L’ambientalismo più o meno militante sembra oggi uno scenario capace di accomunare generazioni e culture diverse. Tuttavia, quando si ragiona di sviluppo sostenibile, sono talvolta le nuove generazioni dei Paesi del Sud del mondo a non credere nel concetto di limite sostenibile ai consumi e alle produzioni, rivendicando un diritto di crescita infinita di cui gli Occidentali hanno beneficiato per secoli. Secondo lei come si può far credere in un concetto di limite che non sia punitivo? 

Credo sia profondamente sbagliato attribuire la responsabilità è di chi ha diffuso quel modello di successo e di crescita, cioè i paesi colonialisti e capitalisti del Nord del mondo. Rischiamo, infatti, di giudicare ancora una volta “arretrati” i paesi poveri perché non percepiscono l’urgenza della sostenibilità e seguono un modello che noi stessi abbiamo “esportato”. Del resto, una cultura ambientalista non è davvero ancora condivisa in alcun paese, e per questo credo che il cambiamento debba essere prima di tutto sociale e culturale, accompagnato da un racconto positivo del cambiamento e da una pratica concreta nei comportamenti quotidiani.  

  • Seguendo dalla precedente domanda, con il diffondersi del lavoro da casa in parziale risposta all’emergenza Covid, si è perso il limite tra lavoro e vita personale, tra raggiungibilità e riservatezza, tra ambienti privati e ambienti collettivi. Credi che si ritornerà a stabilire gli stessi limiti del passato o dei nuovi limiti all’agire personale e professionale? 

Non credo possa esistere una formula uguale per tutti i casi, anche se il bilanciamento è la strada maestra. Si tratta di creare dialogo e capire cosa è meglio per quell’azienda, per quella popolazione aziendale, per quella persona e per quel momento della sua vita. È una capacità di ascolto a cui non siamo abituati, però, e che non rientra nella culturale aziendale classica. Ecco perché, anche qui, serve un cambiamento culturale. Quello che è accaduto negli ultimi due anni, infatti, è stato un aumento della pressione e dell’ansia da prestazione legata a obiettivi e ritmi, oltre a un disfacimento del confine tra spazio lavorativo e spazio personale. Non trovo che sia tanto una questione di limiti, però, quanto di rispetto. Più che delle policy rigide si dovrebbe cercare un equilibrio frutto dell’ascolto. Più che un limite quindi per me è una questione etica. 

  • Infine l’ultima domanda: secondo la tua esperienza, aiutano di più a costruirsi una propria identità i NO rivolti a situazioni che non riteniamo interessanti, o i SI rivolti a situazioni che non riteniamo interessanti ma da cui speriamo di imparare qualcosa?

È bello confrontare questi due aspetti e penso sia utile trovare una misura. Definirsi sui NO spinge a vedere solo le criticità. Dire solo Sì significa accettare di essere misurati, prezzati. Occorre trovare il giusto discernimento. La domanda alla base, per trovare l’equilibrio, è chiedersi cosa si desidera fare. Non tutti devono per forza avere un progetto indipendente, però tutti devono decidere cosa fare, capire cosa sia un Sì e un NO, e coltivare il rispetto per sé, per le proprie competenze e per i propri desideri. 

Grazie per la lettura e….al prossimo ASSO!

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